Lunedì scorso ho avuto il piacere di fare un’intervista-chiacchierata nella community di RestartHerAcademia, dove ho raccontato i miei cambiamenti professionali e personali.
Alcuni sono stati doppi salti carpiati, altri semplici aggiustamenti di rotta.
Ma in ognuno era chiaro il denominatore comune: da adolescente, poi da lavoratrice dipendente e infine da freelance, le lingue straniere hanno avuto un ruolo importantissimo.
In particolare l’inglese verso il quale, ormai lo sai, provo amore profondo e un grande senso di riconoscenza.
Perché la lingua del Re può fare la vera differenza nella vita professionale e riempire di significato quelle frasi slogan ormai vuote, che ti vogliono convincere a comprare questo o quel corso.
Da timida cronica a persona socialmente abile
A 13 anni non avrei potuto desiderare di meglio: i miei genitori, moderni per l’epoca, mi hanno caricata su un aereo, dicendomi ‘Va’ e impara l’inglese, che è importante’.
Per me, che avevo studiato francese alla scuola media, è stata una vera sfida.
Tra this one e that one, mi arrangiavo indicando col dito quello che intendevo dire e prima di entrare nei negozi, sfogliavo il dizionario per controllare la traduzione delle parole che mi servivano.
Aprirmi al nuovo, scoprire che c’era letteralmente un mondo diverso a due ore di volo da qui è stato il regalo migliore che mi potessero fare.
Occhi e cuore aperti mi sono serviti poi per affrontare le prime delusioni a scuola. Anch’io ho avuto ‘quella professoressa’ di cui tutti ci vorremmo dimenticare. Quella che alla prima verifica ti affioppa un quattro perché hai scritto gli aggettivi di nazionalità con la lettera minuscola.
E che riesce a insegnare solo assegnando finti dialoghi tra compagni. ‘Write (pronunciato: vrait) a dialogue between you and your friend‘.
Quindi a chi mi racconta di brutti ricordi di scuola che hanno compromesso l’intero percorso, rispondo sempre: ‘You’re not alone‘.
Non facciamoci scoraggiare dalle esperienze deludenti, che hanno potere su di noi solo se continuiamo a dargliene.
Ora tocca a te: quali sono gli aspetti, le esperienze che puoi recuperare e che ti servono per fare ‘reframing’ nella mente? Al di là dei riscontri ricevuti, i commenti che risuonano nella testa magari da persone poco incoraggianti, che cosa può fare da àncora e darti la giusta motivazione?
Da dipendente in burnout a freelance felice
La prima esperienza in azienda è stata drammatica, anche se oggi mi viene da ridere ripensando al titolare che scriveva le lettere in dialetto veneto e che poi se le faceva tradurre in italiano dalla responsabile dell’ufficio commerciale.
Ero appena uscita dalla scuola Interpreti e pensavo di aver trovato un lavoro dove poter mettere in pratica le lingue. Mi sono dovuta ricredere e ho fatto armi e bagagli velocemente.
Sono approdata quindi in un’agenzia di comunicazione e relazioni pubbliche, dove mi sono occupata di organizzazione eventi e ufficio stampa.
L’ambiente purtroppo era pessimo (oggi diremmo ‘tossico’), noi venivamo trattati piuttosto male (oggi si parlerebbe di ‘mobbing’) e molti se ne fuggivano poco dopo. Ho resistito sette anni, pagando un prezzo alto (oggi direbbero che ero ‘in burnout’).
Amavo quello che facevo, ma ero arrivata al punto di alzarmi la mattina e non sapere se piangere o vomitare. E da lì me ne sono andata, senza nulla di pianificato, ma solo con un TFR che avevo calcolato mi avrebbe dato da mangiare per qualche mese.
Non è stato bello né facile, ma ho capito che cosa era importante per me: crearmi una realtà lavorativa dove poter scegliere i tempi, le persone, i clienti.
Dopo qualche mese sabbatico e di lavoretti qua e là, nel 2009 ho aperto partita iva e, con molto terrore, sono entrata nel mondo della freelance-itudine, che mai avrei immaginato per me. Con una mamma maestra e un papà dirigente negli uffici della Provincia, non esisteva niente al di fuori dello stipendio fisso.
Però ho capito che, anche da consulente esterna come PR manager per i mercati esteri, potevo competere con strutture ben più forzute di me. E questo grazie alla conoscenza delle lingue che, in più di un progetto, hanno giocato un ruolo importante nella scelta di questo o quel collaboratore.
Lì è iniziato il vero divertimento. Ho viaggiato tanto, sgobbato altrettanto, ma sono stati gli anni più soddisfacenti in cui ho avuto la prova che tutto quello in cui avevo creduto mi stava ripagando alla grande.
Ora tocca a te: quando hai deciso di dedicarti a una competenza, investendo tempo ed energie, anche se in quel momento non ti era richiesto dal posto di lavoro? In quali occasioni si è rivelato vincente in seguito e che cosa, invece, senti di voler ancora realizzare?
Da freelance per l’Italia a freelance senza confini
Long story short, ho lavorato per diversi anni come PR/ responsabile ufficio stampa esterna per vari clienti nel settore del lusso per poi convertirmi alla scrittura professionale aziendale. Meno viaggi e meno eventi mondani, ma le lingue erano sempre accanto a me nei progetti di comunicazione multilingue e nei contatti con sedi e partner esteri dei clienti.
Poi è arrivata la pandemia e anch’io, come molti, ho tracciato una linea netta tra la vita professionale pre e post Covid.
In pochi mesi mi sono ritrovata a dover ricominciare tutto daccapo e, sdraiata a letto con gli occhi al soffitto, ho sentito di voler insegnare inglese, che in una parola voleva dire restituire.
Sarà l’effetto dell’età che avanza, ma a un certo punto, dopo tanto lavoro e tanta esperienza, si è stanchi di tenersi tutto per sé e si vuole condividere con gli altri gli strumenti che hanno avuto un ruolo chiave nella crescita individuale.
Con il corso CELTA – la certificazione di Cambridge per insegnare inglese come lingua straniera – sono entrata in un frullatore di nozioni nuove e, assieme ai miei valorosi compagni di classe, per un mese e mezzo ho sacrificato cibo e sonno per studiare e preparare gli assignment.
Lì ho capito come hanno fatto gli inglesi a governare un impero: stabiliscono degli standard e poi o fai come dicono loro o fai come dicono loro. Se accenni a qualcosa di diverso, sorridono, inclinano la testa e rispediscono il lavoro al mittente con un below standard = tutto da rifare.
Finito il corso, ho iniziato a mettere le mani in pasta subito. Ho applicato tutte le tecniche del metodo comunicativo inglese, ho continuato a studiare e sperimentarmi per chiarirmi la direzione che volevo prendere.
Oggi insegno agli adulti che vogliono potenziare l’inglese per motivi di lavoro, ma con Lingua Vera mi sento più coach che teacher. Preferisco accompagnare in un percorso mirato, anziché dire ‘fai così, fai colà’.
Voglio essere una consulente di cui si può fare a meno il prima possibile. L’autonomia è uno dei valori in cui credo di più e lo coltivo per me e per gli altri.
Di recente ho iniziato a lanciare lo sguardo oltre confine e ho provato quasi un senso di vertigine nell’immaginare quante cose si possono realizzare ora, anche seduti da casa davanti a un monitor.
Al di là del fatto che l’online non potrà mai sostituire le relazioni dal vivo, è fuori dubbio che con la tecnologia c’è un potenziale incredibile di sviluppo e crescita, soprattutto per le realtà piccole come la mia, con mezzi finanziari limitati ma con la testa che scoppia come una pentola di popcorn.
Senza scomodare scienziati e personaggi pluri-premiati, ci sono schiere di italiani che si fanno valere in ambienti professionali dove la lingua madre è l’inglese. Ho visto giornaliste, ad esempio, che sono riuscite a farsi largo in una professione dove c’è competizione e dove, chiaramente, la competenza linguistica è fondamentale.
Questo vuole essere un incoraggiamento per te, che magari vuoi cambiare qualcosa nella tua vita. Non dev’essere per forza qualcosa di drastico, basta anche solo appoggiare lo sguardo oltre il confine o mettere il piede là, dove non sei abituata a stare.
Ora tocca a te: quali idee nuove ti stanno frullando per la testa? Ci sono delle persone che ti permettono di pensare che, in fondo, è possibile? In che cosa l’inglese ti porterebbe un passo avanti?
(In the photo: beautiful Brighton)
Oggi ti ho raccontato un po’ di me, per presentarmi meglio.
Spero di aver lanciato anche degli spunti di riflessione sul tuo percorso, sulle cose buone che hai raccolto fino a oggi, su quelle nuove da raggiungere e, se ti è utile, per cambiare prospettiva su passato e presente.
Se vuoi fare una chiacchierata, raccontarmi cosa va e non va con l’inglese, che cosa hai provato fino ad oggi e quali sono i tuoi obiettivi per il futuro, prenota una call gratuita di 30 minuti.
E se non trovi giorno e orario compatibili con la tua agenda, mandami una email. Uno spazio, lo troviamo di sicuro.
Let’s have a virtual cup of tea!